Giovedì 25 settembre 2025
Serata inaugurale della
18° edizione del Cineforum della Formica
UN ALTRO SGUARDO – Per
un cinema non indifferente
👉 ore 18:00 – Accoglienza e cena condivisa (ognuno
porta qualcosa)
👉 ore 19:30 - incontro con Martina Gabrielli,
attivista e volontaria nel villaggio
palestinese di at-Tuwani, nell’area di Masafer Yatta
👉 ore 20.30 – proiezione del film
No Other Land (2024,
96’)
Scritto, prodotto e
diretto da un collettivo israelo-palestinese formato da
Basel Adra, Yuval Abraham, Rachel Szor ed
Hamdan Ballal
Poche opere riescono a incarnare lo “sguardo non
indifferente” con la forza e l’urgenza di No Other Land. Vincitore
dell’Orso d’Argento alla Berlinale e dell’Oscar come Miglior Documentario nel
2025, il film nasce dalla collaborazione tra quattro registi
israelo-palestinesi uniti in un progetto tanto politico quanto personale. Due
di loro, Basel Adra - attivista palestinese - e Yuval Abraham - giornalista
israeliano – sono anche protagonisti: sono lo sguardo, la voce e la coscienza
del film. Il documentario ha ricevuto un ampio consenso da parte della critica
internazionale, è stato proiettato in tutto il mondo e ha sempre registrato il
tutto esaurito nelle proiezioni indipendenti negli Stati Uniti, eppure nessun
distributore americano ha scelto di farlo circolare a livello nazionale. Il
motivo? il tema stesso del film: la Palestina.
Siamo a Masafer Yatta, nel sud della Cisgiordania
occupata, una regione semi-desertica posta sotto completo controllo militare
israeliano. Dichiarata “zona di tiro”, l’area è destinata all’uso militare e per
questo sottoposta allo svuotamento sistematico dei suoi villaggi attraverso demolizioni,
sgomberi, confische e privazione dei mezzi di sussistenza.
Le riprese, realizzate tra il 2019 e il 2023, mostrano
gli aspetti più brutali del colonialismo israeliano in Cisgiordania; non si
concentrano sul dinamismo del conflitto, ma sulla sua reiterazione,
documentando il ripetersi metodico, quotidiano, inesorabile della violenza. Quando
una casa viene distrutta, gli abitanti di Masafer Yatta non hanno alternative,
possono solo ricostruire e rischiare di nuovo, diventando senzatetto o cercando
alloggio in città sovraffollate, dove non è possibile né pascolare le pecore né
coltivare la terra. Perdere la terra significa perdere la comunità, la memoria,
il senso stesso dell’esistenza: “We have no other land”, dice una donna che
vive con il figlio malato in una grotta. Non è una metafora, è una realtà.
Lontano da ogni forma di spettacolarizzazione, No
Other Land mostra la banalità del male nella sua ciclicità: una violenza
che non fa rumore ma scava, erode, cancella. E insieme racconta il dubbio,
etico e politico, del filmare: “A cosa serve mostrare?”, si chiede Basel, se le
immagini non scalfiscono l’indifferenza, se suscitano solo emozioni passeggere?
Questo non è un film che coltiva ottimismo o speranza. È
un atto di testimonianza attiva, che crede ancora nella possibilità della
trasformazione, anche quando il cambiamento sembra impossibile. Ma perché il
racconto abbia senso, deve esserci qualcuno disposto ad ascoltare. No Other
Land ci interroga proprio su questo: quanto siamo davvero pronti a non
distogliere lo sguardo e a farci carico di una storia che chiede non solo
empatia, ma responsabilità?
(Mariangela)
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