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 Programma 2022-2023 - Registe                                               
 

Le registe pioniere del cinema muto

Prima che l’egocentrismo e la megalomania maschile si arrogasse il diritto di governare l’intera filiera cinematografica mondiale, quando il sonoro ancora non esisteva, c’era il cinema muto
A tirare le fila, a introdurre tecniche e strumenti innovativi, c’erano soprattutto le donne: libere nel pensiero e nella propria sessualità, senza tabù, forti e indipendenti fino a quando il sonoro prima e le censure moraliste poi hanno reso l’industria cinematografica uno spazio per soli uomini bianchi (e ricchi). Il cinema muto pullulava di figure femminili importanti fino a tutti gli anni dieci. Queste donne contribuirono a produrre, scrivere e dirigere la metà dei film tra il 1911 e il 1925. La filiera cinematografica non possedeva ancora l’attuale connotazione. Los Angeles era ancora una terra deserta e vi resterà fino a quando il sonoro iniziò ad affermarsi, facendo sì che il cinema diventasse una vera e propria industria. Con la nascita della Mecca del Cinema si è assistito ad una mascolinizzazione della regia, a discapito delle grandi donne che avevano contribuito alla nascita di questa industria. Da qui in poi il ruolo delle donne ha subito una forte regressione, che si è aggravata man mano che la società andava evolvendosi. E più Hollywood diventava il cuore del business del cinema, più la presenza e l’influenza femminile in ruoli chiave andava diminuendo. Da questo momento in poi, lo star system verrà “governato” quasi esclusivamente del genere maschile. 

Alice Guy Blaché è stata una pioniera del cinema e la prima donna della storia dietro la macchina da presa, con La fléè aux chous (La fata dei cavoli) nel 1896. Si tratta di un’illustrazione animata ‒ 20 metri di pellicola per la durata di 1 minuto e 30 secondi ‒ raffigurante una donna che alleva bambini in un orto di cavoli. L’opera presenta caratteristiche comuni al cinema francese, elementi di magia che si combinano con sprazzi di ironia e umorismo. Sebbene fosse la prima regista e produttrice nella storia cinematografica, il nome della regista non avrebbe mai avuto il risalto che invece hanno avuto i fratelli Lumière e Georges Méliès. Eppure la sua influenza sulla produzione cinematografica è stata importante, forse ancor più di Méliès. Autrice di circa 1000 film (dal 1986 al 1920), le sue opere si contraddistinguono per una forte vena comica al femminile. Nonostante abbia sperimentato altri generi, la commedia è sempre rimasta una costante attraverso cui affrontare tematiche legate alle dinamiche di coppia e in particolare al ruolo maschile e femminile. Inoltre, nel 1902 Alice Guy realizza per la Gaumont dei filmati con registrazioni sonore sincronizzate, che vennero chiamati phonoscènes. Anche grazie a lei possiamo dire che il cinema non è mai stato realmente “muto”. Pur mancando dialoghi, le pellicole presentavano sempre elementi sonori.

 Lois Weber fu una delle più importanti registe del cinema muto americano, oltre ad essere considerata all’epoca una delle ‘tre grandi menti’ dell’industria insieme a Griffith e DeMille. Fu la prima donna a girare film sonori e nel 1916 divenne la regista più pagata di Hollywood. La sua presenza nel cinema fu lunga, più di 25 anni, durante i quali diresse e sceneggiò più di quaranta film e centinaia di cortometraggi. Le sue opere si caratterizzano per temi che sono ancora oggi più o meno attuali come la pena di morte, la tossicodipendenza, l’emancipazione femminile e la contraccezione.

 Elvira Notari (1875 – 1946) è stata la pioniera del cinema muto italiano. Fu un’intraprendente regista napoletana che tra il 1911 e la fine degli anni Venti sceneggiò, produsse e diresse qualcosa come sessanta lungometraggi e un centinaio di corti. Insieme al marito Nicola fondò la Dora Films, una casa di produzione cinematografica a conduzione familiare che produceva cinema popolare, e insieme al figlio Edoardo, presente sempre nei suoi film nel ruolo di Gennariello, portò al successo soggetti incentrati sulla letteratura napoletana. Elvira Notari porta in sé la forza morale tipica della gente del Sud. Infatti, era lei a contrattare con i noleggiatori e i proprietari di sale cinematografiche (con non poche difficoltà, essendo donna). La sua abilità con la macchina da presa era senza eguali. Si contraddistingue per il succedersi delle inquadrature e dell’utilizzo della luce. Il suo tocco magico con la macchina da presa fu apprezzato anche dalla critica. Le sue opere erano originali e si caratterizzavano per quella quotidianità che andava oltre ogni sceneggiatura. Le tematiche affrontavano la vita di tutti giorni di quella classe sociale povera che popolava i sobborghi. Anche per questo non ebbe vita facile nel fascismo, il cui cinema doveva “risiedere” solo a Roma, e non doveva mostrare le debolezze, la miseria (anche morale) e le contraddizioni di un’Italia povera. La Dora Films venne esportata anche in America, apprezzata soprattutto da quegli immigrati che ritrovavano in quei film la realtà che erano stati costretti a lasciare.