Elio Petri
Il cinema di qualità al servizio dell'impegno politico

(Roma, 1929-82). Elio Petri resta,
ancora oggi, un regista sottostimato, frettolosamente collocato nella categoria
dei cineasti politici. Nonostante sia l'erede del neorealismo avendo imparato
il mestiere a fianco di Giuseppe De Santis (con il quale collaborò alla
sceneggiatura, tra gli altri, di Roma ore
11 nel 1952 e di Un marito per Anna
Zaccheo nel 1953), Petri trasforma queste influenze evolvendosi verso un
cinema barocco in cui la creatività prevale sul rigore ideologico delle
intenzioni. Sceglie una regia espressionista, approfittando degli insegnamenti
brechtiani e degli espedienti del grottesco; confonde le tracce servendosi di
Marx e Gramsci come anche di Freud e di Reich; si perde in visioni oniriche e
dirotta lo spettatore con tuffi kafkiani nei labirinti dello sdoppiamento
dell'essere e della schizofrenia. Il suo stile trompe l'œil si serve dell'artificio per
circoscrivere meglio la realtà e delle metafore per esplorare le aberrazioni
del potere. Al di là della sua fermezza è un uomo angosciato e pervaso dal
dubbio.
(Dizionario dei
registi del cinema mondiale, a
cura di Gian Piero Brunetta, Einaudi, 2008)
Di origini modeste, Petri interrompe gli studi e inizia la militanza nel
Partito Comunista. S'avvicina al cinema partecipando ai cineforum e scrivendo
sulle pagine dello spettacolo de "L'Unità". Dopo una decennale
attività come sceneggiatore, affronta il suo primo lungometraggio nel 1961 con L'assassino, "thriller" con
Marcello Mastroianni, che attesta da subito il suo interesse per una sorta di
"neorealismo esistenziale" che sarà la misura stilistica e tematica
del suo primo periodo registico. Nel 1965 gira il film fantascientifico La decima vittima da un romanzo di
Shekley, cui segue il film di impegno antimafioso A ciascuno il suo (1967), tratto da Sciascia. Il '68 e gli anni
Settanta rappresentano una svolta. La trilogia Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970), La classe operaia va in Paradiso (1971)
e La proprietà non è più un furto
(1973) lanciano Petri come cineasta di punta, mettendolo al centro del
dibattito e speso delle polemiche, e inserendolo nel circuito internazionale. I
tre film si giovano tutti di Ugo Pirro come sceneggiatore, di Kuveiller come
direttore della fotografia, di Morricone come musicista e di R. Mastroianni
come montatore, e in due casi su tre di un magnifico Gian Maria Volonté. Nel
1976 Petri gira il suo quarto "grottesco", Todo Modo, tratto da Sciascia, in cui Gian Maria Volonté interpreta
il ruolo dell'on. Aldo Moro, ruolo che ricoprirà nuovamente, in chiave
drammatica, dieci anni dopo, ne Il caso
Moro di Giuseppe Ferrara, che rievoca il rapimento, la prigionia e
l'assassinio di Moro da parte delle Brigate Rosse, nel maggio 1978.

Indagine
su un cittadino
al di sopra di ogni sospetto
Regia: Elio Petri
Interpreti: Gian Maria Volonté, Florinda
Bolkan, Salvo Randone
Sceneggiatura: Elio Petri, Ugo Pirro
Fotografia: Luigi Kuveiller
Musica: Ennio Morricone
Montaggio: Ruggero Mastroianni
Produzione: Vera Film
Italia, 1970, col, 103 min
Il grottesco sotto forma di narrazione realistica di un enigma
al rovescio: come non scoprire un assassino confesso. Si ha l'impressione che
l'intrigo immaginato da Petri (e dallo sceneggiatore Ugo Pirro) sia troppo
meccanico, tanto puntuale e incalzante appare il suo svolgimento. In realtà, la
macchina funziona perché è guidata da un'idea forte e pervasiva: il
convincimento che non solo il potere è ingiusto e unicamente repressivo (il
film nasce, com'è ovvio, da una costola della contestazione sessantottina), ma
è anche inesorabilmente impotente. Non sono soltanto sbirri, gli uomini del
potere, ma anche patetici pagliacci. Gian Maria Volonté questo ha capito e
questo magnificamente esprime. Ennio Morricone fornisce l'ironico contributo di
una musica perfettamente intonata.
(Fernaldo Di Giammatteo, Dizionario dei capolavori del cinema, B.
Mondadori, 2004)
Festival di Cannes 1970: Gran Prix Speciale della Giuria
David di Donatello 1970:
miglior film
e miglior attore protagonista (Gian Maria Volonté)
Premi Oscar 1971: Oscar
al miglior film straniero
Kansas City Film Critics Circle
Awards 1972: miglior film
straniero
"Qualunque impressione faccia su di noi, egli è un servo della
legge,
quindi appartiene alla legge e sfugge al giudizio umano" (Kafka)